Selezione di testi critici

Dal catalogo della mostra “Soltanto fortuna”– Verolanuova, 1999

Annunciazione, 1999, Materiali vari (legno, metallo, terracotta, cristallo), 90 x 90 x 225

Paolo Belgioioso assolutizza l’evento sacro in conversazione di corpi solidi, scanditi per sobrie curve e per spigolosità di vaga matrice futurista, in voluta rottura con la scuola del modellato plastico. Un manufatto, dall’apparenza tecnologica (non dissimile da quella di un utensile) ma progettato come ricettore di tenui avvisaglie poetiche. congiunge qui l’e­conomia dei mezzi esteriori alla densità del messaggio. In questa Annunciazione, 1’ ange­lo è disceso nelle lamine dorate che fremono in battito d’ali sulla trasparente perfezione sferica del nucleo centrale, materializzazione della Luce suprema. La controparte terrena racchiude il segreto dell’elezione e dell’accoglienza nel vaso fittile (di peltro nel bozzet­to), dove l’opaca fisicità della terra vale da indispensabile sostegno allo slancio verso l’alto.

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Il paragone con l’iconografia vulgata è reintepretato. dunque. in attiva critica al descrit­tivismo esaurito in stilemi folklorici dai modelli devozionali. Comunque. aver preso le distanze dallesteriorità cerimoniale per volgersi alle sorgenti del sacro non serve da ripa­ro nei confronti di incognite e conflittualità. La soglia iniziatica di tale cammino, a quan­to si evince dall’opera di Belgioioso, consiste nel deporre la vanitas camuffata da conte­nuto dell’atto artistico, sublimando la creatività in ascetica attesa della visione spirituale. Un Angelo annunciante permette di accostare alla nitida ricettività femminile del mondo la possentemente benefica invasione della divinità nella storia.

Antonio Musiari

 

Dal catalogo “De sculptura”, Caleidoscopio Edizioni

Allievo del celebre scultore Sandro Cherchi negli anni ’70 all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino e, sempre in questa storica istituzione, dalla fine degli anni ’80, titolare della cattedra di Anatomia Artistica, Paolo Belgioioso oltreché professore è anche, e forse anzitutto, uno Scultore che nel suo lavoro rivela ancor oggi la suggestione astratta attinta dal suo “Maestro” Cherchi, unita alla seduzione per l’iconografia del corpo umano, pattern centrale della sua docenza. E se negli anni ‘90 ancora prevaleva in lui una ricerca astraente allo stato puro, costruita su materiali antichi, duri e puri quali il travertino (esemplare in questo senso il monumento all’Arma dei Carabinieri “Nei secoli fedele” eseguito a Rose, Cosenza, nel 1999), oppure materie più duttili e moderne come l’acciaio (vedi Ali di vento sempre del 1999), qualcosa nel suo operare cambia con la pratica più lenta e meditata della fusione in bronzo, dove la figura umana entra in scena con decisione. L’Abbraccio, del 2002, è, ad esempio, una figura femminile velata che tiene avvinta tra le braccia un’altra figura più piccola e minuta, rivisitazione palese della classica iconografia della Madonna con bambino, interpretata in verticale, secondo il celebre modello michelangiolesco della Pietà Rondanini. Le forme sono infatti fortemente stilizzate e i due corpi sono appena accennati in onde plastiche che salgono dal basso vorticando verso l’alto, suggerendo via via gambe muscolarmente attorte e braccia forti che stringono il Bambino Gesù, solo abbozzato, fino a chiudersi su al vertice nei due veli uno sull’altro accoratamente vicini. Un’opera questa ove si manifesta tutta l’intensa spiritualità di un artista che, pur amando la materia, la smaterializza in forme tese dinamicamente, slanciate spesso in avanti come in Ali sei, forma pura del vento di matrice post-boccioniana elegantemente protesa in avanti, nel mite spirare di quegli alisei che portano i naviganti alla scoperta di Nuove Terre, pacificamente.

Guido Curto

 

Dal catalogo della mostra “Annunciazioni”, Chiesa di Sant’Andrea delle Ramats, Chiomonte, Torino,

Spazio e tempo del sacro, materia e anima nelle opere di Paolo Belgioioso

Il sacro – o la ricerca di purezza – ha impresso l’arte di tutti i tempi insinuandosi come motivazione profonda nel tessuto culturale di ogni civiltà, e transitando nel tempo e nello spazio della realtà attraverso l’intervento dell’artista che ha reso visibili le forme dell’immateriale.

Nella rappresentazione artistica il concetto di tempo è connesso a quello della coppia oppositiva mobilità/immobilità, nel senso che la temporalità può essere affidata a segni figurali sia di tipo dinamico sia di tipo statico.

Nel primo caso, un gesto, il movimento di una o più figure, configurandosi come estensione della forma nello spazio, implica concettualmente una temporalità con precise relazioni contestuali e coordinate spaziali. Ciò si traduce nella messa in moto di determinati percorsi percettivi che «trascrivono» , nel pattern di forze dinamiche, l’avvio e la sequenzialità del programma narrativo, secondo una successione di immagini che si dispone a evocare la temporalità storica, astratta, dell’evento narrato. Il tempo narrativo viene a coincidere e a materializzarsi con la successione e con il mutamento della scena, ossia con la trasformazione di uno stato. E’ ciò che accade in modo molto evidente e dichiarato, ad esempio, nei cicli figurativi, particolarmente diffusi tra Medioevo e Rinascimento, come quello della piccola chiesa di Sant’Andrea della Ramats a Chiomonte.

Nel secondo caso, la staticità di un’immagine, la sua forma chiusa e immobile, richiama una atemporalità sovrannaturale in cui il concetto di tempo è superato

nell’equilibrio finale «senza tempo» dell’eternità, ed è consegnato, nell’opera d’arte, alle forze interne delle componenti strutturali, all’energia delle direzioni, della grandezza, della materia, del colore e della forma.

 

La staticità della forma si espande, acquistando intensità epifanica in un’estensione di progressioni spaziali che evocano una «permanenza temporale sospesa», coincidente con un concetto astratto di «tempo del sacro» ; è ciò che accade nelle sculture di Paolo Belgioioso, esposte nella suddetta chiesa. Nelle sue opere, dense di materia e di anima insieme, il carattere statico e dinamico degli orientamenti lineari, l’equilibrio fra pieni e vuoti in rapporto con l’asse ottico di simmetria, convergono verso una connotazione simbolica arricchita da quello spazio pittorico degli affreschi tardomedioevali in cui le figure mettono in atto l’evocazione di una temporalità terrena – che riguarda eventi del mondo materiale -, e di una atemporalità ultraterrena – che riguarda l’annullamento della dimensione temporale in quella dell’eternità.

Il concetto di spazio sembra coincidere con quello di tempo nelPattualizzazione figurativa di un avvenimento, in relazione di causalità tra passato e futuro, che nell’immagine, cui era affidato il ruolo di deposito di saggezza, si circoscrive nell’hic et nunc. Lo spazio evocato è uno spazio universale e invisibile: in esso il momento della storia sacra raffigurata rivela l’aspetto eterno della verità e lo rende visibile mettendolo in scena.

 

L’organizzazione dello spazio e del tempo figurativi non tende a rimandare alle strutture del mondo fisico, ma a soddisfare le forme dell’immaginario : la connessione spazio – tempo dunque non consiste in una proprietà della realtà fisica, ma della qualità storica dell’esperienza che si volge in tradizione. Lo spazio dell’arte, dunque, esprime una durata temporale nella sua stessa sostanza costringendo a un tempo di implicazione mentale ; nell’Annunciazione della Ramats il tempo del sacro si attua per mezzo di

coordinate visive prospettiche che risuona tra i punti di vista esterni ed interni, tra le verticali delle colonnine, le curve dissolventi del filatterio che segna l’effettualità delle parole pronunciate dall’angelo, le oblique degli invisibili raggi emanati dal Padre Eterno sui quali si concretizza lo spirito in figura di colomba, e rimbalza dall’impossibile e aprospettico pavimento dello spazio dell’annuncio, alla gestualità dialogica dell’Angelo e di Maria, personaggi intorno ai quali è tessuto il tempo, pregno di tradizione scritturale e dottrine teologiche ma anche di leggenda e di mito, di sottili scambi di sensi tra materiale e immateriale. Si viene a tracciare in questo modo un percorso percettivo fra la scena dell’annuncio in alto sull’arco (dietro alla quale echeggia, nell’abside, il martirio di Sant ‘Andrea), e le opere di Belgioioso; è un percorso che si traduce in equilibrio armonico fra materia e spirito e che sembra orchestrare i meccanismi della natura per accordarli con i moti dell’anima e in cui è possibile riconoscere i valori mistici dell’universalità. E tutto ciò fa vibrare d’infinito e di pulsanti verità le opere di Paolo Belgioioso, le assegna a quel mondo di primordiale bellezza, dove regnano l’intuizione e la creatività allo stato puro, e dove la materia diventa un evento che appartiene, come direbbe Hillman, al codice dell’anima.
Ave Appiano

 

Dal catalogo “RES FUTURA “ – Percorsi nella scultura_2011, Caleidoscopio Edizioni

Tra i suoi ultimi lavori, di particolare impegno ed efficacia, la trascrizione in immagini dei momenti salienti della “Petite Messe Solennelle” di Gioacchino Rossini: la composizione musicale, con le sue variazioni di tempi, ritmi, colori, propone una versione soggettiva, intrisa di devozione e fede, di un rito collettivo grandioso nel suo misticismo e Belgioioso, appassionato musicologo, si è lasciato guidare dai suoni per modellare forme simboliche, che trasmettano pari forza evocativa, coinvolgendo la vista ed il tatto, in una sorta di sinestesia artistica trascinante verso la completa ascesi spirituale. Nelle diverse sculture, che segnano il susseguirsi della celebrazione, tornano più volte le forme dell’occhio e della mitria, a intrecciare il potere divino con quello della chiesa sulla terra, mentre il Cristo – in passione, morto e risorto – si manifesta come l’atteso agnello giustificante, espressione di puro amore caritatevole, ad offrire consolante speranza di pace eterna.

Francesca Petrucci

 

Dal Catalogo della Mostra “La Leggerezza della Scultura”, VI Edizione, Cerrina Monferrato (AL), Parco dell’Arte, 24 sett – 30 nov 2011

L’appuntamento con Cerrina si apre con 1’«Annunciazione» di Paolo Belgioioso che, formatosi alla scuola di Cherchi, ha raggiunto una propria dimensione espressiva mediante composizioni essen­ziali, eleganti nella resa dei volumi («Ali di vento»), nitide nella definizione dei piani in una sorta di singolare spazialità. Un di­scorso, il suo, che unisce pittura e scultura, segno e materia, in una dichiarata sospensione psicologica, in un continuo richiamo a una sottesa sniritualità, evidente nell’opera esposta e nei mosaici per la quarta cappella del Rosario nel Santuario di Maria Immacolata di Nevegal, in provincia di Belluno. Vi è in Belgioioso una ricerca di purezza assoluta e assolutamente evocata, un limpido fluire della linea che circoscrive i volumi e, contemporaneamente, tende a un moto ascensionale. 

Angelo Mistrangelo

 

Dal catalogo degli SCULTORI ITALIANI 2011 – 2012, Editoriale Giorgio Mondadori

La scultura di Paolo Belgioioso è intrisa di profondo lirismo. La realtà viene trasformata, portata a una dimensione di purezza formale capace di svelarne l’autentica essenza. La dimensione verticale è fondamentale nell’opera di questo artista, le cui sculture sembrano lambire gli spazi del cielo, in una sorta di atarassica proiezione.

Belgioioso lavora con maestria il bronzo e l’acciaio, che sembrano rendersi materia duttile sotto le sue mani, e sulle cui superfici levigate la luce crea meravigliosi effetti chiaroscurali, esaltando la naturale bellezza della materia prima.

Strettamente connesso al processo di sintesi formale, s’impone nell’iter creativo l’intento di imprimere una forte componente allusiva all’opera, capace di stimolare l’animo di chi osserva a variegati sussulti interpretativi, ognuno dei quali è arricchito da un sentimento di libertà, che queste forme slanciate suggeriscono con grazia.

Paolo Levi